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Viaggio di un materassino

Flash forward: interruzione della successione cronologica per anticipare eventi che appartengono al seguito della storia.

Il fratello minore e meno popolare del flashback. In italiano si chiama prolessi, anche se fa meno fico utilizzarlo. Abbandono la cronologia.

Le cose lineari fino a diventare meccaniche mi demotivano in fretta, oggi la voglia di raccontare questa storia ha la meglio. Girata la pagina dell’11 maggio oggi non trovo il 12, quindi è il 27 luglio, ho lasciato il Nepal, ho assaporato l’India e questo è un flashforward.

Non viaggio più solo, qualche giorno fa Elisabetta mi ha raggiunto dall’Italia per proseguire insieme.

Sono, siamo, in Cambogia, a Banteay Chhmar. Nella mappa è uno sperduto villaggio nel nord-ovest del paese, fuori dalle rotte turistiche convenzionali. Siamo però nel 2022, i posti sono sperduti solo sulla carta.

Una strada, praticamente assente fino al 2005, poi sterrata, ora asfaltata, lo collega in poco più di 2 ore alla ben più nota Siem Reap, città del meraviglioso e frequentatissimo complesso di templi di Angkor, massima espressione della civiltà Khmer e tra le vette più alte raggiunte dall’essere umano.

A Banteay Chhmar i turisti si contano comunque sulle dita di una mano. 

C’è l’omonimo tempio, colonizzato dalla vegetazione nei secoli, in un’atmosfera tra il solenne ed il surreale.

C’è la comunità locale che ha sviluppato un turismo a misura di villaggio, riuscendo, per il momento, ad impedire la la vendita dei terreni a ricchi imprenditori poco interessati al bene degli abitanti del posto e la costruzione di hotel.

Nel progetto sono coinvolte in prima linea 93 famiglie, tutti i proventi vengono distribuiti tra la popolazione locale e la realizzazione di opere comunali.

L’unico modo per soggiornare qui è nelle homestays, a casa di alcune di queste famiglie.

Nel nostro caso una bella coppia con due figlie, la più piccola vivace e temeraria la vediamo arrampicarsi su un albero ad altezze siderali, l’altra, dal portamento sostenuto, sembra già sapere di essere una donna in divenire o magari maschera soltanto così la sua timidezza.

Tornerà più avanti.

In Cambogia sono già stato 6 anni fa, pochi tutto sommato, sarà in parte complice la mia memoria romantica, ma guardandola oggi ne sembrano passati 60. Non solo perché pagare tramite app sembra più comune che in Italia. C’entra la Cina che ha finanziato la costruzione di numerose infrastrutture e monopolizzato le zone che le interessavano (leggi i principali porti).

C’entra il fatto che la Cambogia è un paese molto giovane, arrivato a fine ‘900 in condizioni pietose, tutto da ricostruire, con un territorio quasi totalmente pianeggiante che ben si presta allo sfruttamento agricolo ed economico. Il che lo rende particolarmente attrattivo per molti investitori. La strada, in tutti i sensi, è stata asfaltata, cambierà ancora parecchio e in fretta.

Questioni storiche, politiche, geografiche. Quelle per cui di solito le persone tendono a calpestarsi a vicenda, ad ammazzarsi. Le possiamo tralasciare, almeno per oggi.

Un materassino, gonfiabile, giallo. Marchiato Forclaz, alias Decathlon. Francese, fabbricato probabilmente in Cina, magari neanche lontano da qui. Prodotto in larga scala, ma non di cattiva qualità, lontano dall’essere qualcosa di professionale. Pensato per il trekking, effettivamente portatile, pesa 500 gr e non occupa più spazio di un beauty. Relativamente comodo una volta coricatici sopra, varie spanne sopra i tappetini simil-yoga. 

Appena sotto i 50 euro, qualità prezzo difficilmente battibile, mi sentirei di definirlo piuttosto resistente. Andiamo indietro, questo è un flashback.

Sono alla Decathlon di Parma, forse Fidenza o magari Santo Stefano Magra, non ricordo, più di 3 anni fa. Ho bisogno di qualcosa di morbido, possibilmente leggero e non ingombrante da mettere sotto al sacco a pelo, un materassino appunto. Sezione “Campeggio”, scaffale ” trekking”, non una missione impossible, più difficile trovare “il prodotto che fa per te”.

Eccolo lì, misura compatta, fascia di prezzo medio-alta per la Decathlon, quella che aiuta a convincerti che stai acquistando qualcosa di valido, abbastanza per rinforzare il tuo ego da consumatore e la tua presunta identità da trekker, ma non così alto da farti pensare che stai spendendo “troppo”.

È fatta.

Qualche altro acquisto minore dai colori sgargianti che non utilizzerò mai, vado alla cassa, pago ed inizia la nostra storia insieme. Un paio di notti in tenda, vicino casa, giusto il tempo di conoscerci. Si gonfia in fretta, ha una doppia valvola, si sgonfia ancora prima. Al mattino incredibilmente rientra nel suo sacchetto al primo tentativo. Siamo fatti l’uno per l’altro. Lo porto in Sicilia, alle Eolie, dormiamo insieme sul vulcano dell’isola di Vulcano. Una notte indimenticabile, lui è con me. Mi abbraccia, massaggia la mia schiena in una poco riposante notte a cielo aperto sulla sassosa spiaggia di Filicudi. È un amore selvaggio, non immagino come sarebbe passare la notte senza lui.

Seguono lunghi, eterni, periodi di distacco, fino alla prossima fuga d’amore. In Normandia. Luoghi meno caldi, ma noi il fuoco lo abbiamo dentro. Dormiamo insieme in tenda, in macchina. A volte si dorme poco, si dorme male. Risvegli umidi, le prime luci dell’alba ci distolgono dai sogni.

A volte mi agito, lui è sfuggente, sento di essere una presenza troppo ingombrante, litighiamo, lo minaccio, questa notte sarà l’ultima, ma poi mi lascio andare tra le sue braccia e mi scordo di tutto il resto. Una notte insieme è quasi sempre una notte da ricordare.

Per diversi mesi non ci siamo frequentati, poi un passo importante, da Aprile è sempre con me. Insieme siamo andati dall’altra parte del mondo. Al freddo, al caldo. Nell’Himalaya, nelle umide radure del Terai. Lui era lì, ma più sopra le mie spalle che sotto.

Il nostro rapporto è cambiato, non è più come una volta, tra noi non funziona più. Ne sento il peso ogni giorno. È diventato oggettivamente superfluo. Ho passato diverse notti in tenda, ma per un motivo o per l’altro non l’ho mai utilizzato. Rimane solo la realtà delle cose. Un oggetto, l’ennesimo, da portare sulla schiena.

Lo lascio in India?  Lo spedisco a casa insieme alla fotocamera guasta?

Finisce che me lo porto dietro ancora un po’, forse condizionato dai momenti passati insieme a quel pezzo di plastica. L’insensatezza di affezionarsi alle cose, fino quasi ad umanizzarle. Gli oggetti tendiamo ad identificarli come custodi di ricordi, a proiettarci le nostre paure, emozioni, insicurezze.

Hanno un potere evocativo, è fuori discussione, ma non brillano di luce propria, siamo noi gli unici custodi. Lascio Banteay Chhmar, stamattina mentre faccio lo zaino mi sembra più grosso del solito. Il pensiero va al materassino, vedo il suo destino.

Ci sono il proprietario di casa e sua figlia più grande in giardino, lui seduto sull’amaca, lei di fianco, uno dei tanti momenti condivisi della loro rilassata quotidianità.

Mi avvicino, come al solito in questo meraviglioso paese l’uomo mi sorride, pronto a venire incontro ad eventuali mie richieste.

Nessuna richiesta, è solo il momento di dare, sperando di regalare un sorriso.

Lascio il Forclaz giallo nelle mani della bambina, un po’ perplessa, non capisce bene cosa sia, il papà mi ringrazia molto. Il tempo di prendere lo zaino per andare e l’uomo l’ha già gonfiato, lo appoggia su una passerella in legno davanti casa per non farlo bucare.

Mi fermo un attimo a guardare, l’ultima immagine che ho è di lei sedutaci sopra, ci dispone con cura le sue cose, i suoi quaderni, pronta a fare i compiti. Scatto una foto di soppiatto, non voglio disturbarla, forzare il momento. Mi sorride timidamente salutandomi.

Quel materassino giallo scarrozzato inutilmente in giro per migliaia di chilometri, diverse volte mi sono chiesto perchè l’ho portato, perchè continuavo a tenerlo con me. Alla fine un oggetto inutile, dal mio punto di vista da buttare, è arrivato dove doveva. Dove per qualcun altro inutile non è.

Magari domani sarà bucato, dimenticato, non importa. Oggi regala dei sorrisi, suoi, del papà, miei. Ancora una volta dare è immensamente più gratificante che possedere.

Lascio gli oggetti, tengo i ricordi.

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